Aristide Maillol *

 

 

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Aristide Maillol, L’aria, 1939

A scorrere la diligente nota bibliografica compilata da Giovanni Scheiwiller nel volume su Maillol da lui pubblicato¹, possiamo constatare con disappunto che gli italiani hanno pressoché ignorato l’opera di questo grande scultore moderno conosciuto e considerato come tale in tutto il mondo. Infatti, in questa lunga nota, le voci che abbiano nome italiano sono poche, nove in vent’anni, dal 1928 al 1948, e nessuna corrisponde a un libro, se pur modesto, ma son tutte relative ad articoli apparsi su giornali e riviste e spesso con firme straniere. Fatta, nostro malgrado, questa constatazione non possiamo che essere grati a Giovanni Scheiwiller che ha ora aggiunto alla sua ben conosciuta collana questa piccola ma completa, esauriente e curata monografia su Aristide Maillol. Il testo critico è di Boris Ternovetz, conservatore del Museo d’Arte Occidentale di Mosca, ed è stato ottimamente tradotto da Giacomo Prampolini. Il Ternovetz l’ha scritto nel 1934 ed oggi, a distanza di sedici anni, possiamo ancora ritenerlo valido anche perché valida e duratura ancora continua a rivelarsi l’opera di Maillol. Molte cose dell’arte da quell’anno ormai lontano sono mutate e vanno ancora mutando, ma a noi conforta il fatto che le opere autentiche resistono, e che sempre, ad ogni istante, un discorso su di esse può essere iniziato e condotto a termine con conclusioni positive. Solo così esse dimostrano d’appartenere al tempo e alla storia.

 

Non ci è possibile seguire passo per passo tutto il lungo saggio del critico russo, ma basterà sottolineare l’obiettività, la competenza, l’amore all’indagine per garantirne, di fronte al lettore, la serietà e il valore.
Dopo aver esaminato le condizioni della scultura francese sul finire del secolo scorso e al principio del nostro, dominate dal genio di Rodin, Ternovetz dimostra come il sorgere dell’opera di Maillol costituisca realmente la prima, l’autentica e più completa antitesi dell’arte di Rodin. Quindi l’autore fa la storia di Maillol e del suo lavoro: assistiamo così alla sua formazione, alla sua attività di ceramista e di creatore di tappeti e di gobelins e al suo definitivo trapasso all’arte di scultore, di disegnatore e di illustratore di libri. Gauguin domina la giovinezza di Maillol e ne determina l’evoluzione artistica: il primitivismo, l’amore per la semplificazione, il gusto ornamentale, sono fatti decisivi per la formazione di Maillol. Il passaggio alla scultura, in cui fu autodidatta, avvenne intorno ai quarant’anni e forse fu determinato dal grande amore ed interesse per la materia, per una materia che potesse essere – a differenza delle lane e dei colori che abbisognavano di telai, di torchi, di stampi – direttamente e per intero affidata alle mani dell’artista. Come scultore espose per la prima volta nel 1903 ed ebbe un lusinghiero e obiettivo riconoscimento da parte di Rodin; da quell’anno Ternovetz ne segue il lavoro e ne documenta l’evoluzione che sempre si svolse al di fuori di ogni contrasto ed avventura, lineare sempre e significativa nella sua misurata ponderatezza.

 

La prima opera di Maillol contiene tutte le premesse per l’ultima e tale fatto, ai nostri giorni, è talmente raro e così altamente apprezzabile che basterebbe da solo a documentare l’autenticità e l’originalità del grande scultore catalano. Lo si direbbe – così come è stato – distaccato dal tempo, operante senza fretta, perduto ed immerso nel sogno di ritrovare e far rivivere una antica classicità da uomo moderno e semplice che possiede come peculiari caratteri la riservatezza, l’austerità, la lunga maturazione dell’idea, il lento perfezionarsi della sostanza, la pazienza e l’amore del vero artigiano, cui amava paragonarsi quando diceva di sentire la sua fatica simile a quella di un vasaio. La ‘classicità’ di Maillol ed il suo rifarsi all’arte greca, ecco il punto che a noi pare non sufficientemente trattato da Ternovetz. Ma, se non esauriente, l’autore a tale riguardo è chiaro ed esplicito. Parla di un’«antichità immaginata e felice». Noi diremmo, piuttosto, ritrovata e ricreata, come se fosse giunta a noi, attraverso l’opera dello scultore, per sotterranee correnti, riaffiorate alla luce dopo secoli e non per nulla sulle rive del Mediterraneo. E Maillol ricorda i Greci solo perché nella Natura, come loro, egli vede armonia e simmetria, e come loro possiede equilibrio di volumi, pienezza di forme, ritmo musicale di movimenti. Ciò è importante perché, non di rado, a proposito di Maillol s’è parlato di «freddo classicismo» e di «accademismo».

 

Questa accusa è ingiusta e superficiale: gli accademici, i classicisti, sono dei culturali, dei frigidi rifacitori, mentre Maillol è artista pieno di vitalità originale, luminosa ed interiore, ed è colmo di una sana sensualità che anima le superfici, casta e purissima, di ordine naturale. Solo in una affermazione non siamo per nulla d’accordo con lo scrittore russo e cioè nel vedere nell’opera dello scultore francese un’evasione «nell’antichità» quale mezzo «sia per lui che per la classe che rappresenta» per sottrarsi alle esigenze della realtà e per «barricarsi contro i problemi contemporanei». Certo Maillol non è né Costantin Meunier, né Vincenzo Vela. Noi pensiamo che in arte – lasciati da parte i fatti contingenti – si debbano considerare e valutare solamente i risultati, le conclusioni a cui, tramite le proprie opere, un artista sa arrivare, e se esso giunga o no all’arte. In sede di valutazione critica e artistica ciò solo importa e non altro. Aristide Maillol è stato un grande artista, di una forza singolare.
Per quanto riguarda i rapporti con la società del suo tempo noi pensiamo che questo umile vecchio dal nome greco, abbia a josa dato il suo contributo con la propria opera e se non ha avuto gli occhi e l’animo rivolti alla cronaca è perché, da vero artista, egli li aveva volti ad un mondo ideale di un ordine e di un equilibrio superiori, il cui studio e contemplazione può dare, ancor oggi, il suo bene a noi, figli di un tempo che pare abbia perduto appunto il senso d’ogni equilibrio. Maillol in dialetto catalano vuol dire ‘piccola vite’, e quando abbiamo appreso tale significato, ne siamo stati felici come d’una scoperta, perché sempre abbiamo pensato alla lenta e meditata fatica di questo scultore come ad una forza della Natura, poiché a questa essa assomiglia per il ritmo, pieno e fecondo, con cui ha prodotto i suoi frutti.
Solo così gli autentici artisti si inseriscono e si rendono utili ed indispensabili alla nostra vita di uomini.

* M. Negri, Aristide Maillol [1950], in Id., All’ombra della scultura, Scheiwiller, Milano 1985, pp. 18-22.

 

1. Boris Ternovetz, Aristide Maillol, scultore, a cura di Giovanni Scheiwiller, collana «Arte Moderna Straniera», n. 16, Hoepli, Milano 1950.